Signore e signori, italiani e stranieri, meridionali e settentrionali, ecco a voi il pomo della discordia, il punto di rottura di molte amicizie, il ring spietato di un dibattito senza mezze misure, teatro di prese di posizione irrimovibili e di impossibili compromessi. In poche parole, il post più spinoso e controverso mai pubblicato ad oggi su Nero di Seppia: la ricetta della pasta alla carbonara. Premesso che ogni persona che conosco è convinta di detenere l’unica, vera, autentica, originale e imprescindibile ricetta della carbonara, mi sento in diritto – e in dovere- di stilare per voi la mia personalissima lista dei divieti assoluti per l’esecuzione perfetta di questo piatto – pena l’obbligo di appendere per sempre il grembiule al chiodo. La soluzione facile è, ovviamente, quella di attenersi pedissequamente alle istruzioni. Ma siccome è comune incorrere in aberranti errori, ci tengo a essere precisa.

Quindi, dicevamo:
– vietato usare la panna – non vi dico come mi sento ferita nel profondo del cuore ogni qualvolta un francese (con rispetto parlando) mi dice che “ma certo, la carbonara, quella con la panna e i funghi” – certo, magari anche in lattina, penso io, e con tutto quello che ti è rimasto da far fuori in frigo… Big no no! La cremina viene benissimo anche senza, a patto che si segua la ricetta alla lettera.
– vietata la cipolla – quella è nei bucatini all’amatriciana!
– vietato l’aglio – non ci vuole alcun tipo di soffritto
– vietato l’uso dell’acqua di cottura della pasta all’interno del condimento – l’uovo non deve vederla nemmeno per sbaglio
– attenzione a ripassare la pasta in padella con l’uovo, se volete farlo, ricordate che l’uovo coagula a 65 gradi e solidifica a 70, e noi non vogliamo assolutamente che superi i 65. Non stiamo preparando una frittata di pasta napoletana.
– rigatoni, spaghetti o mezze maniche – Se state pensando ai bucatini, vedete sopra: quella è l’Amatriciana
– vietato usare formaggi diversi dal pecorino romano – ai limiti del tollerabile possono passare Parmigiano Reggiano o Grana Padano, ma assolutamente nietu a emmental e altre robe varie (capito amici nordeuropei? 🙂 )
– salvo cause di forza maggiore come la reperibilità degli ingredienti, vietato usare altro che il guanciale. Anche se c’è chi dice che il guanciale sia proprio dell’Amatriciana, e che invece nella Carbonara ci voglia la pancetta – ma per me il guanciale è la morte sua
– vietato usare pepe in polvere – va assolutamente macinato fresco
– vietato salare le uova crude – il sale interagisce con la consistenza delle uova e non è necessario poiché abbiamo già il pecorino e il guanciale
– la regola d’oro: vietato cuocere l’uovo – credo che qui si vada nel penale.
– regola aggiuntiva: vietato contraddire la mia ricetta :)))
Ma andiamo all’esecuzione del piatto. Va detto che la carbonara è la ricetta più facile da fare e allo stesso tempo la più facile da sbagliare. Bisogna seguire attentamente i vari passi, mai improvvisare le dosi “a occhio” e metterci un pizzico di intuito personale. Uno degli errori più comuni è quello di calare più pasta a testa rispetto ai 100 grammi, senza però adattare il resto dei condimenti. Bisogna invece ricordare che ogni modifica ha un impatto e che, non essendo l’uovo divisibile, si dovrà procedere a multipli di 100g di pasta. In ogni caso, sconsiglio di superare i 100g a porzione – il rischio è quello di rovinare tutto. Ma veniamo agli ingredienti e alla ricetta.
Ingredienti per 4 persone:
– spaghetti, mezze maniche o rigatoni, 400g
– uova bio freschissime – qui non si scherza, ricordiamoci che vanno mangiate praticamente crude!, 4 tuorli (1 a testa) + 1 intero per la pentola
– pecorino romano grattugiato, 150g
– guanciale, 200g
– pepe nero macinato fresco, abbondante
– sale grosso
Portate a bollore tanta acqua in una grossa pentola. Nel frattempo, mettete i tuorli e l’uovo intero in un ampio recipiente non metallico – il metallo si scalda troppo velocemente appena entra a contatto con la pasta calda, e rischia di cuocere le uova, quindi scegliete la ceramica. Cospargete di pepe nero macinato fresco, aggiungete il formaggio e mescolate, amalgamando grossolanamente il tutto – non bisogna assolutamente sbattere il composto, o diventerà irrimediabilmente troppo fluido. Scaldate un filo d’olio (veramente un filo, il guanciale è sufficientemente grasso) in una larga padella antiaderente e appena arriva a temperatura rosolatevi il guanciale. Deve risultare doratino all’esterno, ma non bruciato, e restare morbido al cuore (insomma, non deve rinsecchirsi!). Appena è pronto, trasferitelo in un’altro piatto e lasciate raffreddare. L’acqua della pasta ora bolle: salatela con moderazione (guanciale e pecorino sono già saporiti), calate la pasta e appena è cotta (al dente, mi raccomando) scolatela in un colapasta tradizionale. Scolate la pasta molto bene, non deve restare alcuna traccia di acqua. A questo punto, versatela nel recipiente con le uova e girate molto energicamente per far sì che gli spaghetti rilascino il loro amido, che andrà a formare la cremina legandosi alle uova (visto? non serve affatto la panna!). Unite anche il guanciale e continuate a girare finché tutti gli spaghetti non risulteranno conditi. Cercate di essere molto rapidi in questo passo. Infine, spolverate con ulteriore pepe nero macinato fresco e servite immediatamente.
Dopo aver preparato un specie di frittata di pasta (ed essermi preso i tuoi più che meritati insulti), lascio a te il dovere di indottrinare il tuo pubblico su internet 🙂
E’ come la faccio io con due sole varianti.. vediamo se me le passi: io metto metà pecorino e metà parmigiano e il guanciale non lo faccio raffreddare ma lo aggiungo caldissimo.. Va bene?? ). L’ho fatta giusto ieri a pranzo… ^__^
Il fifty fifty te lo passo – a volte lo faccio anche io – mentre il guanciale caldo te lo passo solo se mi prometti che l’uovo non cuoce 🙂
assolutamente no! resta una cremina morbida morbida…
Ok, allora puoi tenere il grembiule! Ahahah 🙂
Vuoi per caso uccidermi con quella foto??!! Qui c’è gente perennemente a dieta, lo sapevi? 🙂 In realtà non conoscevo (e infrangevo involontariamente, giuro) quasi tutti i tuoi ”non fare mai”. Ora credo che questa carbonara a regola d’arte vada provata sul serio, seguendo, come dici tu tutto alla lettera. Best of post: tanto facile, quanto facile sbagliare. Mi pare la mia vita, sai? Sono una carbonara, è ovvio.
ps. pomodorini confit: in frigo in un contenitore chiuso fino a 10 gg!
Bacissimi
Marinella cara, la dieta migliore è quella di lasciare perdere la dieta! E se tu sei una carbonara, sappi che ti adoro :)))
Ps. Pomodorini confit da provare absolutely 😉
Gentile Doriana Manzella,
per quanto sia stata chiarissima nello stabilire che è vietato “contraddire” la sua ricetta (?!), pur non conoscendo lei e questo blog in cui sono incappato per caso, vorrei fare un pò di (forse doverosa)) chiarezza su quanto da lei su affermato.. -:)
Ciò non per contraddirla pubblicamente -c’è certamente ben altro da fare nel proprio tempo libero anzichè insinuarsi nei blog altrui-, ma per dar lenza ad un mio difetto, che è quello di non tollerare la cucina “fusion”, le approssimazioni, gli errori marchiani e le “invenzioni” quando si parla di cucina.
A questa verbosa premessa, aggiungo che al contrario non ho nulla contro l’innovazione, ma quando si parla di tradizione credo debba essere effettivamente tale.
Con ciò, prendo spunto proprio dalla tradizione per puntualizzare che la carbonara:
-non è un piatto (così) tradizionale, o meglio lo è progressivamente diventato in tempi piuttosto recenti (una cinquantina d’anni al massimo); vediamo perchè:
1) nel manuale “la cucina romana” di Ada Boni (1930), non c’è menzione alcuna di un piatto a base di pasta che si chiami carbonara, ne è possibile trovarne altra traccia in libri di cucina anteriori ai primi anni sessanta.
2) le basi del piatto sono chiaramente pastorali e probabilmente derivano dalla più semplice pasta “cacio e ova”, di consuetudine in tempi ben più antichi fra le genti dedite alla pastorizia nell’Italia centrale. Per trovare note culinarie della carbonara (scritte od anche solo tramandate verbalmente a Roma e dintorni), bisogna come detto attendere il dopoguerra.
E di guerra infatti si tratta, quando si parla di carbonara; perchè secondo la tesi più diffusa a Roma e dintorni fra la gente comune ed i professionisti del settore, l’aggiunta di “pancetta” soffritta agli altri due ingredienti “base”, è dovuta ai soldati americani, che durante la liberazione salendo da sud, impararono ben presto ad apprezzare la pasta cucinandosela sui fornelli da campo.
Furono loro ad aggiungere il “bacon” a uova e formaggio grattuggiato, ed infatti nelle ricette più vecchie che è possibile reperire, si parla di “pancetta” (di cui è fatto il bacon), e non di guanciale.
Ora, al di là di queste brevi note più o meno storiche che qualcuno può forse aver avuto piacere di leggere, consideriamo pure la carbonara un piatto tradizionale (laziale ed in particolare romano) e veniamo alle “regole” da lei un pò dogmaticamente (ed erroneamente) esposte, che vado in parte a smentire (ahimè) ed in parte a confermare come segue:
1) nonostante le origini raccontate sopra (bacon -> pancetta), si deve utilizzare il guanciale, perchè a Roma si usa solo il guanciale, anche per la carbonara. OK
2) spaghetti alla carbonara? NON ESISTE. L’unico ed indiscutibile formato (ormai) tradizionale per la carbonara, sono i RIGATONI (altro che “vietatissima la pasta corta”. VIETATISSIMI GLI SPAGHETTI !) Unica alternativa ammessibile ai RIGATONI, le MEZZEMANICHE (mezzi PACCHERI napoletani) SOLO SE RIGATE. Assolutamente NON OK.
3) PEPE NERO MACINATO FRESCO: I ristoranti romani di maggior credibilità (e molte massaie romane), utilizzano il PEPE BIANCO in grani, che però non deve essere MACINATO!
Un passaggio fondamentale della carbonara è: FAR BALLARE IL PEPE! Ovvero mettere in una padella sul fuoco i grani di pepe a secco, coprire col coperchio, ed attendere che i grani inizino a saltare (“ballare”) – provare per credere, colpendo il coperchio. A questo punto spegnere e schiacciare GROSSOLANAMENTE i grani con la lama A PIATTO di un coltello su un tagliere. Il pepe si romperà in modo decisamente irregolare e grossolano, come deve essere in una carbonara che si possa chiamare tale e che sia pertanto degna di rispetto.
NON OK.
4) per la vera ricetta tradizionale romana, quattro tuorli per quattro persone sono POCHI, ed il quinto uovo intero non ci vuole affatto. E’ lui il responsabile di eventuali “cotture”. Diciamo almeno SEI tuorli, sempreche non si abbondi particolarmente con il pecorino. In tal caso ce ne vorranno SETTE.
Non inorridite. Tanto, dato il guanciale+ le uova+ il formaggio (3 proteine diverse!), che differenza volete che faccia un tuorlo in più per quattro persone.. La carbonara è un primo che per pastori e boscaioli può andar bene spesso. Per noi “post-moderni” è meglio concederselo raramente, tanto quanto la pesantuccia “matriciana” (amatriciana) tradizionale ed altri piatti laziali che di salutistico non hanno proprio nulla..
Per chi è arrivato a leggere fin qui, nonostante l’ora tarda vengo alla carbonara tradizionale (da una cinquantina d’anni..!) di Roma, ed al suo semplicissimo ma RIGOROSO procedimento.
Soprassiedo sulla cottura dei RIGATONI, tanto noi italiani sappiamo tutti cuocere la pasta (..!?)
0) Grattuggiamo del buon pecorino romano con una grattugia a maglie fini (ALMENO 50 grammi a persona. 60-70 andranno meglio.)
1) Rompiamo (sleghiamo) i tuorli in una zuppiera di ceramica (che sarà il recipiente di servizio perchè impiattando a porzione serviremmo la nostra carbonara freddina) con un cucchiaio di legno e lasciamo alle uova il tempo di acquisire la temperatura ambiente (le avevamo in frigo, vero?)
2) Tagliamo una spessa fetta di guanciale (tra gli otto milimetri ed il centimetro di spessore per la lunghezza del guanciale – saranno si e no 150 grammi) ed affettiamola a trapezi molto irregolari (più irregolari sono e meglio è, od a piacere a listarelle piuttosto spesse.)
3) Mettiamo a fondere in padella una noce di STRUTTO (il filo d’olio NON ESISTE, varia il sapore del guanciale) che a temperatura inferiore non chiuderà i pori del guanciale tendendo a bruciacchiarlo come potrebbe fare il filo d’olio, ed adagiamo il guanciale che copriremo per qualche minuto col coperchio perchè fonda il più possibile prima di iniziare a rosolare.
4) Mettiamo cinque grani di pepe bianco per persona (se utilizzeremo il pepe nero l’indomani il sole sorgerà lo stesso) a secco in padella col coperchio per qualche minuto a fuoco medio, ed appena inizierà a BALLARE, spegnamo, scoperchiamo e lasciamo raffreddare.
4) Amalgamiamo in zuppiera due terzi del pecorino con i tuorli, lavorando il composto fino ad ottenere una crema omogenea e densa, senza scaglie di pecorino visibili.
5) Schiacciamo grossolanamente il pepe bianco che abbiamo fatto ballare in padella. Da strafighi a masterchef, con la lama di un coltello a piatto su un tagliere. Al riparo delle mura domestiche, col fondo di un bicchiere direttamente in padella, anche per evitare di raccogliere i grani che prima di aver fatto pratica avremo fatto schizzare ovunque.
6) Spegnamo il fuoco sotto al guanciale. Poi preleviamo due o tre cucchiai della sua fusione e coliamoli nella crema in zuppiera amalgamando nuovamente. Non preoccupatevi, senza bianco d’uovo (avremo scorporato i tuorli con cura) niente cuocerà.
7) Caliamo i RIGATONI. 100 grammi a persona? Mah.. DIciamo mezzo chilo per quattro. La carbonara non è nouvelle cuisine.. E’ un piatto da fame per chi ha fame. Comunque sia, un rigatone di qualità (Faella, Cocco, Setaro, Di Martino, quella che perferite), è cotto al dente in in dieci-undici minuti, al settimo-ottavo dei quali riporteremo il guanciale ad alta temperatura. Versandolo sulla pasta già amalgamata e pepata in zuppiera dovrà essere così caldo da sfrigolare (2- non preoccupatevi, senza bianco d’uovo (avremo scorporato i tuorli con cura) niente cuocerà)
8) Trameniamo (in zuppiera) col pecorino rimanente, e…
Così è, la carbonara.
Non permettendomi di togliere il grembiule a nessuno, saluto cordialmente chi ha avuto la pazienza di leggere ed eventualmente condividere, ma prima di chiudere mi permetto di consigliare cautela a chi in generale crede di conoscere ciò di cui parla quando non si è evidentemente nemmeno documentato un minimo, scrivendo verità improbabili in base ad informazioni e ricette forse orecchiate da mamme, zie, amici in vacanza, blog e quant’altro. E’ così che nasce la fusion, il male oscuro della cucina mediterranea..
Se fai “la matriciana”, ci condisci solo gli SPAGHETTI, come indica il cartello stradale d’accoglienza all’ingresso di Amatrice. Se lo sai, sei di amatrice, ci sei stato o ti sei documentato. Il resto è fusion.. Come gli SPAGHETTI alla carbonara.
Chi dovesse gradire il mio approccio duro e puro, mi scriva.
Buonanotte (01:20), Doriana.
Enrico Carluccio
PS: non sono di Roma e nemmeno laziale
Carissimo Enrico Carluccio, ho letto con piacere l’arringa sulla ricetta e vorrei poterle esprimere tutta la mia gratitudine per l’esposizione dettagliata sulle origini e sulla capacità degli ingredienti base per la “Carbonara” per farla divenire tale.
Volevo porle un quesito riguardante la storicità del piatto e una mia teoria sul come può esser nata la pasta, pur non conoscendo le tradizioni, ma basandomi solo sulla tracciabilità degli ingredienti.
Come base di questi straordinari piatti metto in cima la “Gricia”, che ho scoperto di recente essere una vera e propria base di preparazione delle due ricette successive, la carbonara e la amatriciana.
Se la amatriciana fa uso del pomodoro, e quindi immagino i contadini che alla classica gricia aggiungano pomodori per dar corpo e gusto, per la carbonara immagino invece, come descritto su, un “Errore” di preparazione, dove dell’uovo cade per sbaglio nella gricia e la trasforma in quello che tutti oggi mangiamo con golosità!
E’ una romantica interpretazione personale, che si rifà ad esempio alla creazione della crema ganache, nata per errore da un aiuto pasticciere che venne etichettato dallo chef come uno stolto, appunto “ganache” in francese(così dicono…) per aver erroneamente versato della panna calda su del cioccolato. Ma poi quella crema, divenne uno dei fondamenti della pasticceria moderna.
Dovrò in qualche modo provare a seguire il consiglio di utilizzare più uova di quanto ne servano “normalmente”, e valutare l’effettiva resa.
Grazie e arrivederci a presto.
PS: Doriana, io se ci penso ho gli incubi sulla carbonara… Avevo i coinquilini con cui abitavo che preparavano la carbonara facendo addensare l’uovo e mi ritrovavo davvero una frittata di spaghetti davanti… LOL Oddio!!!
Caro Alberto,
grazie per la sua simpatica e cordiale risposta.
La “gricia” è effettivamente l’antesignana della matriciana, e può capitare non di rado di gustarla ancora oggi proprio proprio ad Amatrice. Non credo però, per le ragioni esposte nel mio precedentemente messaggio, che sia in alcun modo antesignana della carbonara, con la quale è tra l’altro in qualche modo in “competizione” in provincia di Rieti, Terni e Roma…
Per quanto riguarda la sua romantica intepretazione personale e gli “errori” di preparazione (molto frequenti nella genesi di molte ricette di cucina e non solo – penso infatti alla tecnologia di stampa inkjet, inventata da un tecnico Canon al quale caddero alcune gocce di inchiostro sulla punta calda di un saldatore, e ad altre centinaia di brevetti industriali nati “per caso”) e certamente la imprescindibile tracciabilità degli ingredienti da lei propriamente citata, l’introduzione del pomodoro nella matriciana non potè che essere tardiva rispetto alla gricia tradizionale.
Non dimentichiamo infatti che il pomodoro, giunto alla fine del ‘500 in Italia dopo il ritorno in Spagna di Cortés nel 1540 (che lo scoprì in sud america), si diffuse molto lentamente dalle zone costiere alle zone interne del sud del nostro paese, e raggiunse il centro nord molto più tardi. Ciò a dire che moltissimi piatti nei quali il pomodoro ha oggi un ruolo primario o addirittura predominante, sono successive rielaborazioni impreziosite di precedenti ricette che di pomodoro non facevano alcun uso in quanto ingrediente non disponibile, non autoctono, non tradizionale, in epoche più remote nelle quali la pasta, ad esempio, era già un alimento primario molto radicato e comune (al centro sud).
Per quanto riguarda la sua prossima carbonara, non utilizzi solo più uova. Usi i rigatoni e li trameni fino a far colare la “crema” al loro interno.. Poi mi dirà
A presto. Grazie a lei!
Enrico Carluccio