I pacchi sono stati scartati, i cuori confortati, gli stomaci dilatati e i calici hanno finalmente brindato all’inizio di questo nuovo e promettente anno. Auguri! Dunque come ogni foodblogger che si rispetti, ho dovutamente instagrammato ogni passo saliente del mio cenone, making-of incluso. Narcisismo culinario? Senza dubbio. Ma devo ammettere che se spesso riesco a trovare innumerevoli difetti in ciò che preparo, questa volta posso veramente essere fiera di me stessa. Mi è costato una due-giorni intensiva di incontro ravvicinato con i fornelli e con i miei preziosissimi libri di Sadler, ma posso garantirvi che il risultato ne è valso tutta la pena. E se il difetto questa volta l’ho trovato nella presentazione, forse un po’ “diludente” per dirla alla Bastianich, il gusto ha ripagato tutto con gli interessi 😉 A voi il menu e le foto del making of, e ben presto con le ricette di ogni piatto.
Categoria: Dolci
Menù di San Valentino: ditelo con i fiori.
Nero di Seppia compie un anno!
Carissime Seppioline, come molti di voi sanno, oggi Nero di Seppia celebra il suo primo compleanno. Incredibile come voli il tempo. E se questo progetto prende sempre più forma lo devo a voi che mi seguite con tanta passione. Per questo vi invito a passare sulla mia pagina Facebook, per festeggiare insieme questo evento con un fantastico party virtuale. Potete portare da bere, da mangiare e invitare chi volete! 🙂
Ma oggi è anche San Valentino, e un pensiero va anche a tutti gli innamorati. A chi ama il proprio partner, ma soprattutto a chi ama la cucina, il cibo e la vita.
Nessuna ricetta per oggi, mi limito a postarvi (quel che resta de) i meravigliosi e deliziosi cioccolatini che mi ha regalato il mio ragazzo. Rigorosamente firmati Pierre Marcolini. Giusto per iniziare a scoprire tutti i vantaggi di vivere in Belgio 😉
Petits bonhommes
Quando ero ancora un cucciolo di seppiolina e in casa si cominciava a respirare l’atmosfera delle feste, il 6 dicembre in quel di Lussemburgo un bizzarro evento locale anticipava l’arrivo di Babbo Natale. Suonava alla porta in maniera inaspettata e irrompeva come un estraneo nelle nostre tradizioni. Ad accompagnarlo, il Père Fouettard, un inquietante personaggio dal volto dipinto di nero, terrore di ogni bambino. E poi lui. Solenne, con il suo dorato scettro a spirale, l’austero copricapo vermiglio segnato da una croce, la lunga barba canuta silenziosamente poggiata sul petto. Poco importava che portasse con sé un sacco colmo di dolci e giocattoli da dispensare ai piccolini. La presenza di Saint Nicolas incuteva in me un inspiegabile senso di rispetto, una strana tensione che mi lasciava di pietra.
Ma poi, insieme all’irresistibile profumo di zenzero e spezie degli Speculoos, bastava la contagiosa tenerezza dei Petits Bonhommes per riportarmi nella soffice e coccolosa aria di casa.
Torta ricotta e cachi
Il caco. Parliamone. Non mi ha mai fatto impazzire. Lo trovo straordinario nel sapore, terrificante nella consistenza. Pura contraddizione. Una giacca di Chanel realizzata in polyester. Ma come spesso accade quando un alimento non mi convince, ho voluto dargli un’ulteriore chance. Questa mancanza di passione per il suddetto frutto non mi ha mai portato a pensare che ne potessero esistere diverse varietà, se non quello classico, viscido e filaccioso. Potete immaginare quindi il mio stupore quando, dopo averne portati a casa un paio, scopro che sono sodi come delle mele. Esclusa l’opzione “frutta acerba”, guardo meglio l’etichetta e leggo “Cachi Persimon“. Mi fiondo su Google e scopro per mia somma gioia che questa specie ha la polpa compatta, per l’appunto. Straordinario. Ormai avevo in testa una ricetta in cui avrei annientato la sua blobessenza a colpi di minipimer. Approfittatene, perché il prossimo me lo mangerò finalmente a morsi.
Muffin cocco ciocco
Il mio primo approccio con i muffin risale a quando avevo circa 6 anni. E stranamente, non si è trattato di un approccio gastronomico. Le Cherry Merry Muffin erano delle meravigliose bamboline profumate, accessoriate con tanto di teglia e britannici pasticcini, che facevano impazzire me e le mie amichette (e probabilmente anche i nostri genitori). Ogni bambolina aveva il suo colore e il suo “gusto”, da cui prendevano l’aroma. Ciliegia, mirtillo, mela, banana e soprattutto cioccolato. La mia preferita, of course. Non so se la Mattel le faccia ancora. Ma se ne esistesse una ispirata alla ricetta che vi propongo oggi, sono sicura che avrebbe un odorino irresistibile.
Crostata ai frutti rossi
Con questa ricetta ho partecipato e vinto il concorso lanciato da “Il Molino Chiavazza”.
La settimana scorsa sono venuti a trovarmi i miei genitori a Milano. Insieme a loro, direttamente dall’orticello lussemburghese che coltivano con cura, si è presentata in casa anche una bella vaschetta di frutti rossi, rossissimi. Inutile dire che i lamponi non hanno fatto nemmeno in tempo a finire nella crostata (per chi non l’avesse ancora capito, questi piccoli bocconcini d’estate mi fanno letteralmente partire la testa). Eccovi quindi la ricetta di un dolce assolutamente di stagione. Da accompagnare, in caso di caldo estremo, a una bella boule di gelato, alla vaniglia per chi ama i sapori morbidi o al limone per chi preferisce un tocco acidulo.
Macaron ai lamponi
Quando arrivi al punto di scambiare la saponetta del bagno per un macaron, credo che sia grave. E quando il tuo ragazzo ti confessa che è successo anche a lui, lì capisci che hai toccato il fondo. Ma d’altro canto, dopo una 3 giorni intensiva di macaronage, pochage e croûtage fino all’estremo tentativo, immagino sia piuttosto plausibile. Divinamente diabolici, piccoli, dolci macaron. Come resistere alla tentazione? Non tanto di mangiarli, quanto di riuscire nell’impresa di sfornare quei gusci lisci e variopinti, perfetti come un bacio.
Pecorella pasquale di pasta di mandorle
Non ho mai amato particolarmente la pasta di mandorle. E detto da una siciliana, sembra un’eresia. Ma c’era qualcosa in quella che preparava la nonna, un gusto speciale che la rendeva unica e buonissima. Ero troppo piccola per capire che l’ingrediente segreto fosse irreperibile sul mercato. Eppure lei ne aveva risorse infinite, che condivideva generosamente con tutto il suo nipotame. A Pasqua questo suo grande amore prendeva le dolci sembianze di una pecorella. Racchiuso in un recinto per non farlo scappare, con lo sguardo rassicurante di quella certezza incondizionata su cui io, i miei fratelli e i miei cuginetti potevamo sempre contare.
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Tarte Tatin
Quando penso alla Tarte Tatin, seguo il profumo burroso dello zucchero caramellato
e arrivo dritto a Strasburgo. Il bianco farina delle casette alsaziane, incorniciato
dalle travi di legno scuro come stecche di liquirizia. E un’insegna che non lascia spazio all’immaginazione: “À la Tête de Lard” (dalla testa di maiale). In questo rustico ristorantino tipico, dopo l’immancabile tarte flambée e una choucroute che mette a dura prova anche i gourmet più implacabili, resta sempre spazio per una fetta di Tarte Tatin.
E al solo rumore della forchettina che rompe la sottile crosta di caramello dorato, prima
di affondare tra le mele morbide fino alla frolla, sai già che questo peccato di gola ne vale tutta la pena.
Benché lontana da questo piccolo manifesto di perfezione terrena, la mia ricetta si rifà
a quella del Cucchiaio d’Argento. Il vantaggio è che questa versione non prevede
di caramellare le mele ponendo la teglia sul fuoco, per cui si può fare anche se
non si dispone di una tortiera da Tatin. Che non vi venga in mente, però, di usare
uno stampo a cerniera. A meno che non vogliate sperimentare la scenografica colata lavica di zucchero fuso sul fondo del forno e mettere alla prova l’efficacia del Fornet.
Esperienza personale insegna.